sabato 5 luglio 2014

L'abisso dell'odio

Mentre dal suo buio nascondiglio volgeva lo sguardo assorto verso gli ultimi spettrali bagliori delle torce, cominciò a scavare il sepolcro per la sua lucida lama tra il marcio sottobosco; la spada che ormai non riusciva più a nascondere alle oscure potenze; raschiava l'umida terra con tutte le sue residue forze, decimate dalla tetra volontà della spada che ottenebrava quella del poderoso guerriero. Prese la spada e, con un ultimo sforzo, iniziò a ricoprirla con tutto ciò che gli capitava per mano, persino i viscidi Khtoth che bruciavano la sua dura pelle; poi si alzò con impeto senza più preoccuparsi dei suoi inseguitori, la cui attenzione era attirata dalla tenebrosa aurea della lama demoniaca, e iniziò a correre a precipizio, incurante dei giovani virgulti che gli sfregiavano la fronte e degli intricati rovi che tagliavano le sue gambe. Sfrecciò nella gelida notte, fra i tronchi spettrali, incurante della fatica e del dolore, mentre le fini ali degli esseri della foresta sbattevano sulla sua faccia e mille occhi scrutavano la sua corsa per la vita dalle loro tane nascoste.
Si fermò. Annaspò appoggiato ad un muschioso tronco, inspirando dolorosamente la fredda aria della foresta; respirava rumorosamente, i polmoni squassati dalla malattia, quando notò un bagliore guizzante subito davanti a se. E vide la lunga lama indomita che spuntava dall'elsa intarsiata da antiche mani: la spada, ancora ricoperta di terriccio, che sembrava sbeffeggiarsi del guerriero.
Dense lacrime scivolarono sul suo viso martoriato, bruciandogli le profonde ferite coperte di fango, mentre imprecava verso l'oscurità avvolgente; sentì cupi rumori in lontananza e scorse nuovamente il tremolante bagliore delle torce avvicinarsi, guidato da un sicuro bersaglio. Ricominciò la sua corsa sempre più disperata, brandendo la spada con rabbia, cercando di frantumarla sui tronchi.
Le forze iniziarono ad abbandonare il suo corpo e la sua mente, quando d'improvviso si ritrovò in una radura, abbagliato dalle fiamme crepitanti di un immenso falò; e vide le case distrutte dalla furia dei Ghodd e dei loro tenebrosi servitori; vide con terrore crescente decine di corpi riversi negli usci, e ancora di più ardevano terribilmente fra le fiamme innalzando folte volute di fume denso e nauseante. Il suo villaggio. Tanto aveva dunque vagato, fuggendo dai suoi aguzzini, per giungere qui.
Si voltò verso la foresta e scorse le abnormi figure dei suoi inseguitori e sentì i versi gorgoglianti delle loro fauci; la sua disperazione vinse per un istante la volontà della spada ed egli si gettò sulla lama chiedendo perdono al suo Dio. E successe ciò che aveva sempre sperato dal primo istante in cui impugnò la spada; mentre la lama apriva uno squarcio diretto al cuore, un'altro squarcio si apriva nell'aura della spada, e finalmente riuscì a dominare il malefico potere.
Mentre il sole proiettava i suoi primi raggi mattutini, lambendo le rovine; mentre le ultime fiamme si estinguevano nella radura; mentre le piccole creature della foresta osservavano nascoste; mentre l'anima del guerriero fuggiva finalmente il corpo, libera del fardello mortale e della volontà della spada, egli giurò rivolto alle sacre stelle che sarebbe tornato per consumare la sua vendetta.
Un urlo risuonò fra le valli senza fine.
Gli scalini erano viscidi sotto i suoi piedi. Da quanto tempo saliva? Non capiva lo scorrere del tempo. Percepiva solo l'oscurità intorno a lui e intravvedeva vagamente la figura serpeggiante della scala che saliva fino a perdersi nel buio. Poi, innanzi a lui, comparve un trono incredibile scolpito nella scura roccia, alto più della volta nera, più imponente di qualsiasi torre. Vide qualcuno e sentì poi la sua voce possente e triste allo stesso tempo:
“Grande fu il tuo fardello in vita e grande sarà il tuo fardello negli infiniti giorni della morte. Non potrai infine giungere presso le grandi aule fra le sacre stelle, fino a che il tuo giuramento non sarà compiuto”.
E il trono sparì; la scala infinita scomparve nel buio.
Iniziò a cadere. In basso? In alto?
Scorgeva un pavimento farsi sempre più vicino. Schianto. Freddo.
Sentiva dolore una fitta quasi insopportabile nel petto. Una fitta che giungeva fino al cuore. E sentiva freddo, come se un gelido frammento dei ghiaccu di Lhodor fosse al posto del suo cuore. Si alzò dal suo sepolcro. Uscì dalla sua tana allontanandosi dal suo rassicurante giaciglio. Ma tornò indietro. Aveva dimenticato la spada, che ancora giaceva accanto alle sue spoglie mortali.
Si incamminò faticosamente mentre il dolore faceva urlare la sua anima e il contatto con ogni cosa viva aumentava il gelo. Salì le scale coperte di polvere e vide il tramonto: i raggi del sole che lambivano l'antica cripta. E così ricordò la vita, il calore, il profumo della foresta al crepuscolo. Ricordi.
Attese la notte.
La notte che accoglieva magnanima le spettrali figure delle anime maledette dal loro odio, dalle loro colpe.
Si incamminò verso il suo destino, diretto verso le oscure terre del Possessore, mentre le creature della foresta fuggivano la sua presenza.
Fine
(1994)

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